Irene Kung: Daydream

Paolo Aita, Novembre 2012 (ENG version)

Palazzi che sfidano le nuvole, implacabili simmetrie provenienti da luoghi lontani, illuminazioni che fanno scoprire particolari inediti in arcane architetture, sono questi gli ingredienti che troviamo nella sottile arte di Irene Kung. I materiali usati dall’artista provengono da universi differenti; alcuni appartengono all’esotismo più esplicito, così la Cina è spesso presente, oppure sono estratti dal modernariato americano, quello che gli architetti chiamano neo-gotico, e che ha visto adornati di guglie e pinnacoli perfino i primi grattacieli superiori ai 100 piani, che invece dovevano essere un monumento al razionalismo. L’arte di Irene Kung si basa sul contrasto, dunque. Da una parte c’è uno spirito cartesiano che addirittura si affida alla fotografia per scrupolo di verosimiglianza e per un coinvolgimento attenuto con un seducente realismo, dall’altra ci sono soggetti desueti, perché presi da paesaggi lontani o particolari angolazioni. Da questa compresenza la realtà sconfina nel sogno, in un’atmosfera sconosciuta e magnetica perché ha base nel realismo.

Dal punto di vista tecnico bisogna ammettere che la ricetta è efficace quanto antica. Nuvole che coprono paesaggi di cui non si vuole che si sappia troppo, un’agghiacciante simmetria in cui nessun particolare è fuori luogo sono gli ingredienti. Questi captano e incantano, e sono disposti nelle opere con una maestria del tutto particolare, infatti c’è una singolare commistione di antico e moderno nella resa visiva di questi paesaggi. Credo che la tecnica fotografica di base sia digitale, ma il risultato che si ottiene ha degli scintillii, un’illuminazioni interna degli oggetti e degli edifici, che ci rimanda, per il suo gusto, agli albori della fotografia, quando le prime immagini meccaniche erano disposte su una lastra d’argento. C’è un’iridescenza nelle opere di Irene Kung davvero particolare, così queste realizzazioni hanno un loro calore, una loro confidenzialità, sebbene siano lustrate in un modo che ricorda certe realizzazioni industriali. Come tutta la grande arte, dunque, è una somma di temperature differenti, in cui la bellezza viene raggiunta attraverso meccanismi inediti e contraddittori. Sono gli stessi che Borges metteva in azione nei suoi racconti: il grande argentino per farci ancor più partecipare a un’atmosfera di sogno e di sospensione eccedeva nei particolari.

Allo stesso modo accade nelle opere di Irene Kung, dove la precisione ci introduce con efficacia a un mondo del tutto differente dal nostro, le cui regole sono uguali, ma ancora più implacabili.